Il delicato passaggio dal nido alla scuola dell’infanzia

La fine di maggio…l’inizio di giugno…

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L’anno educativo ancora non è terminato ma, inevitabilmente, i genitori dei bambini di tre anni pensano, in questo periodo dell’anno, e non senza un poco di ansia, al momento in cui si farà il passaggio alla scuola dell’infanzia.

Ci sono tante aspettative…C’è la paura di ciò che comporterà questo cambiamento importante…C’è il desiderio di crescere…

Nel passaggio nido-scuola dell’infanzia il bambino, da un lato, scioglie relazioni che ormai sono solide e ne stringe di nuove; d’altra parte, si trova dinanzi a nuovi ritmi, a spazi sconosciuti e organizzati in maniera diversa da quelli del nido e a un sistema di regole piuttosto differente. Deve, inoltre, “dividere” la maestra con altri 27 compagni, mentre al nido il rapporto educatrici/bambino è decisamente inferiore (generalmente 1/8).
Il bambino “grande” del nido diventa il “piccolo” della scuola dell’infanzia, deve lasciare affetti ormai consolidati per costruirne di nuovi e abbandonare esperienze ben note per affrontarne altre sconosciute.

Pertanto, è molto importante pianificare il passaggio…benché non sia possibile non considerare che qualche imprevisto ci sarà.

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Si deve, innanzi tutto, sviluppare preliminarmente una conoscenza reciproca, la più approfondita possibile, in modo che siano eliminati equivoci e incomprensioni determinati, principalmente, da comportamenti ed atteggiamenti ormai costume educativo quotidiano degli educatori del nido e della scuola dell’infanzia.
Il nido, infatti, punta sulla valorizzazione del rapporto individualizzato con il bambino, sottolineando l’importanza di momenti unici e particolari (considerati occasioni privilegiate di relazione), come l’ambientamento e le “routines”. La scuola dell’infanzia, invece, dà meno importanza al momento della relazione individualizzata, sulla sorta della convinzione della diversa e più “matura” età dei bambini; c’è qui, inoltre, una maggiore “intellettualizzazione” della attività che vengono proposte rispetto a quanto accade al nido, dove trovano maggiore spazio esperienze legate alla comunicazione verbale e non verbale ed alle prime esplorazioni sensoriali. Ecco perché è molto importante che le educatrici del nido e quelle della scuola dell’infanzia trovino spazi e tempi per interagire sistematicamente, al fine di individuare gli aspetti più positivi delle esperienze maturate.

Il passaggio dal nido alla scuola dell’infanzia non va sottovalutato; esso, infatti, può costituire un’occasione di disorientamento, in quanto è un momento particolare per i bambini, che si trovano di fronte, come dicevo prima, ad un rovesciamento di prospettive: nell’ultimo periodo del nido sono abituati ad essere considerati i più grandi, mentre all’inizio ella scuola dell’infanzia sono i più piccoli e i più bisognosi di protezione. Questo può causare in loro dei comportamenti meno organizzati di quelli che erano stati loro propri negli ultimi mesi di nido.

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Questo, però, non deve far pensare al fatto che l’esperienza del nido può rendere più faticoso l’ingresso alla scuola dell’infanzia. Una ricerca condotta qualche anno fa dall’equipe della professoressa Susanna Mantovani dell’università di Milano-Bicocca ha, infatti, mostrato che i bambini del nido passati alla scuola dell’infanzia parlano molto più fra loro che non con gli adulti, a differenza di quanto avviene per i bambini che non hanno frequentato il nido; inoltre, il linguaggio socializzato è molto più presente nei bambini che provengono dal nido; lo stesso discorso vale per le attività e il gioco socializzato.

Anche il ruolo dell’educatore è soggetto a mutamenti. Nel nido l’adulto è un imprescindibile punto di riferimento per il bambino e per la costruzione della sua identità, con una particolare attenzione per l’acquisizione di competenze di tipo affettivo-emotivo e meta cognitivo; egli rassicura il bambino con la sua presenza, soprattutto nei momenti di transizione (addormentamento/risveglio, accoglienza/dimissioni); nello stesso tempo aiuta il bambino a riconoscere e a regolare le proprie emozioni, dando un contributo importante al loro contenimento e ha un ruolo importante e fondamentale per l’acquisizione delle prime conoscenze da parte del bambino, a cui vengono proposte esperienze di vario tipo. Nella scuola dell’infanzia, invece, il ruolo dell’adulto è più distaccato e mira in particolare a promuovere l’autonomia del bambino; questo non significa che un bambino, dai tre ai sei anni, non abbia bisogno di figure di riferimento, ma nel percorso alla scuola dell’infanzia può arricchire il processo di strutturazione della propria identità anche con l’interazione con altri adulti (diversi dalle educatrici di sezione). L’adulto, inoltre, anche alla scuola dell’infanzia deve favorire il riconoscimento delle emozioni, favorendo il consolidarsi di rapporti di amicizia e di solidarietà tra bambini. Al contempo è suo compito stimolare i bambini a costruire i propri codici simbolici verbali e non verbali.

Per tutte queste ragioni la conoscenza reciproca tra educatrici del nido e della scuola dell’infanzia appare irrinunciabile. Questo perché il mantenere una continuità tra le due realtà, negli stili educativi e nelle occasioni di apprendimento, negli incontri e nelle relazioni, può rendere più sereno l’ambientamento dei bambini nella scuola dell’infanzia. Bisogna, quindi, riservare la massima cura ai momenti di incontro tra i bambini del nido e quelli della scuola dell’infanzia, consapevoli che la continuità è un modo di intendere la scuola come spazio e luogo coerente, in cui ciascuno possa trovare l’ambiente e le condizioni più favorevoli per realizzare un percorso formativo completo.

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Tali situazioni di continuità vanno condivise anche con le famiglie che, in questo modo, potranno anticipare l’immagine del come sarà il passaggio tra il noto e il non-noto ed essere aiutate a comprendere il grosso cambiamento che avverrà.

Molti genitori possono vivere il momento del passaggio con dispiacere perché si sono molto affezionati agli spazi, ai luoghi, del nido e, soprattutto, alle educatrici e alla coordinatrice del servizio. Le educatrici, però, possono essere di grande aiuto in questo momento, garantendo supporto e serenità in una fase tanto delicata; devono, pertanto, prestare molta cura ai colloqui individuali e poi comunicare in modo trasparente con le colleghe della scuola dell’infanzia, tendendo tra i due servizi un filo sottile che guiderà i bambini che faranno il passaggio e le loro famiglie.

Può essere utile, oltreché emozionante, progettare attività specifiche che proiettano i bambini del nido in modo graduale in quello che sarà il progetto educativo che ritroveranno da settembre nella futura scuola.
Alcuni servizi portano i bambini del nido (e a volte anche i genitori) nelle aule delle scuole dell’infanzia che frequenteranno, in modo che possano conoscere i nuovi spazi, avere un primo assaggio delle future attività attraverso giochi e altre proposte. Accompagnare i piccoli alla conoscenza del nuovo che li aspetta tranquillizza anche le famiglie e facilita la conoscenza reciproca. Del resto le esperienze che i bambini vivono in questi momenti, sono pensate e progettate per aiutarli a prepararsi a un percorso che sarà ricco di stimoli e creano tra i servizi per l’infanzia una rete di condivisione nella progettazione e nella realizzazione di interventi educativi finalizzati al benessere dei bambini.