L’Outdoor education è possibile anche in un contesto urbano. E in esso va promossa

Vivo in città. Tra palazzi e cemento. Qualche piccola area verde per respirare.

Lavoro in città. In un servizio situato in un quartiere tranquillo. Tra casette basse e piccole aree verdi. E un po’ di cemento. Il nido ha un giardino mediamente grande ma che non offre tutte le possibilità di un boschetto o un grande parco…ma…come si dice…meglio di niente… e ci riteniamo fortunate a poterlo utilizzare con i nostri bambini.

Come ho già scritto in un articolo che pubblicai circa un anno fa Outdoor education non vuol dire uscire all’aperto e riproporre qui ciò che si fa negli ambienti chiusi.

Ma…in città? Come possiamo mettere a punto progetti di educazione all’aperto che siano veramente di senso e non si limitino all’uscita in giardino o nel parchetto vicino alla scuola?

I bambini, se lasciamo che osservino, in libertà, ciò che li circonda, apprendono moltissimo sia che si trovino in un giardino o in un parco pubblico di una grande città sia che si trovino in un bosco immenso. Fondamentale è che gli adulti che li guidano li indirizzino a guardare tutto ciò che è presente all’aperto come elemento di formazione, spunto per la creatività, oggetto di scoperta. In questo modo, anche i ciottoli e i sassi che troviamo sul marciapiede che tutti i giorni si percorre da casa a scuola, per esempio, possono attivare apprendimenti…i bambini possono scoprire che hanno una forma, un colore, un peso, una superficie esterna fatta in un certo modo, che si possono impilare o no, che possono diventare pedine per un gioco con i compagni…tra le altre cose.

Outdoor education in città, quindi, può essere semplicemente aprire le porte delle sezioni e delle aule, deviare dalla solita strada percorsa e già tracciata dai grandi e stimolare, stimolare, stimolare la curiosità dei bambini, anche in un luogo conosciuto come può essere il giardino scolastico o il parco giochi dove trascorrono molti pomeriggi. So bene che per chi è abituato a vivere in città può essere difficile incuriosire i bambini con le piccole cose che si trovano all’aperto perchè non c’è l’abitudine a farlo…ma ci sono davvero tanti spunti…sono soltanto da cogliere.

Nel parchetto vicino a casa o, per i più fortunati, nel giardino della propria abitazione, si possono toccare cortecce, osservare insetti, guardare nuvole, scoprire formicai o minuscole tane, raccogliere fiori sconosciuti. Si può disegnare o scrivere sul terriccio con i ramoscelli, costruire ripari per le lumachine o gli altri animaletti…Tutto ciò mentre poco più in là continuano a passare le automobili o si elevano anonimi palazzi tutti uguali.

Noi educatori e pedagogisti dobbiamo essere attenti a coinvolgere le famiglie nei progetti di educazione all’aperto perchè, come sempre, stringendo alleanza pè possibile far sì che i bambini vivano tante esperienze e di qualità. In primo luogo è importante chiarire che stare all’aperto non è dannoso per i bambini, nemmeno in città dove, purtroppo non si respira l’aria del lago o del mare. Stare all’aperto non fa ammalare di più…basta essere attrezzati. Nelle nostre città, benché, gli spazi siano differenti da quelli che troviamo nei boschi o in campagna, possiamo, per esempio, fare a piedi il giro del quartiere nel fine settimana cercando e raccogliendo tutto ciò che incuriosisce (sassi dalle forme particolari, foglie di ogni forma e colore, fiorellini che spuntano dalle crepe dei marciapiedi, terriccio…)…possiamo anche semplicemente metterci alla finestra e guardare ciò che si vede…anche le crepe di un muro possono essere curiose se, tra esse, scorgiamo erba, tubi, insetti…Non sono indispensabili strutture-gioco particolari! Il primo arredo naturale sono piante, erba, fiori, foglie, semi, sassi, sabbia e fango. E ancora rumori, odori, nuvole, vento e pioggia. Pensiamo a quante opportunità può dare un albero. Può essere scalato, diventare tana, nascondiglio, un riparo o un semplice posto dove rilassarsi.. Tronchi di varie grandezze, posti a terra, possono diventare sedute, ostacoli o percorsi da superare oppure case per animaletti o piccoli insetti. In salita ci si può arrampicare, scivolare, rotolare e ruzzolare! Provare tutto questo incoraggia il movimento, l’immaginazione, la creatività, tutti i sensi.

E allora, noi che viviamo in città, mettiamoci nell’ottica di vivere i parchetti così come i giardini dei servizi educativi e scolastici in tutte le stagioni per arrivare, poi, a vivere anche il bosco, il luogo affascinante e fiabesco dell’immaginario dei bambini. Può esserci qualche genitore un po’ apprensivo, soprattutto quando i bambini sono molto piccoli, che ribatte: “Ma fa freddo… si ammalano… e se succede qualcosa…come lo vesto?”. Chi vive in città non è abituato a uscire con la pioggia e il maltempo (a meno che non ne sia costretto), pertanto noi che ci occupiamo di educazione dobbiamo saper accogliere e affrontare insieme alle famiglie più timorose, con attenzione e consapevolezza, dubbi e paure che nascono quando si propongono esperienze all’aperto. Ricordiamo che, innanzi tutto, è necessario vestire in modo comodo e adatto al tempo i bambini. E poi molti pediatri invitano a stare all’aperto per aiutare il sistema immunitario: i bambini corrono meno rischi infettivi nel fuori che nei luoghi chiusi o poco areati. Promuovere il più possibile il gioco all’aperto, evitare l’uso del passeggino dopo i tre anni, andare a scuola e al nido a piedi, inoltre, riduce la sedentarietà e previene l’obesità infantile. Sono decisamente ottimi argomenti da portare quando ci troviamo di fronte a famiglie che non sono tanto avvezze all’outdoor education.

Stare all’aperto, soprattutto per noi che viviamo in città e, indubbiamente, abbiamo meno possibilità di attraversare spazi verdi, è, inoltre, fondamentale perchè mette con forza in luce il centro della relazione tra persone e tra persone ed ambiente. O meglio il modo di stare in relazione. Qualsiasi spazio aperto, anche il cortile condominiale, va frequentato e vissuto perchè spazio che amplia le relazioni educative e contesto plurisensoriale di apprendimento. Le esperienze all’aperto di educazione attiva e partecipata danno un grande senso e nutrimento all’educazione e, soprattutto, danno voce ai “”diritti naturali di bimbi e bimbe” di cui parlava Zavalloni. I bambini che vivono in città devono poter stare fuori il più possibile…per bilanciare i ritmi veloci della nostra società, per arricchire le esperienze sensoriali, per integrare quei contesti con alta consuetudine alla fruizione di dispositivi digitali, per promuovere la salute e il benessere, per riallacciare le generazioni tra di loro con l’ambiente e con la realtà. Del resto, promuovere un’educazione naturale non significa trasmettere ai bambini una visione bucolica di natura ma, piuttosto, dare loro l’opportunità di sperimentarsi nella relazione con il mondo che sta fuori.

Passare del tempo all’aperto può essere anche occasione di riflessione sul ruolo educativo che gli adulti ricoprono nei servizi educativi e scolastici, in interno come in esterno. Negli ultimi si è rilevato che vivere gli ambienti esterni come contesti di apprendimento porta l’educatore/l’insegnante a riflettere sul proprio rapporto con la natura e con le crescenti autonomie dei bambini, sul corpo e il movimento nei primi anni di vita, sul valore del fare esperienza. Tutto ciò incide su ciò che si permette o proibisce ai bambini e sul modo di sostenere e accompagnare la crescita da un punto di vista educativo. Partire dal fuori, molte volte, permette di ripensare e rivedere anche l’esperienza educativa organizzata dentro, dialogando quotidianamente con rischi e benefici. Vuol dire anche percepire anche quello che come adulti si sente e si pensa rispetto a se stessi, ciò che si agisce nella relazione con i bambini e la natura, ascoltando se si è (o non si è) in sintonia emotiva con essi. Osservare l’interazione naturale tra bambini e ambiente significa cogliere quello che accade in maniera autentica, per partire da lì e all’interno della progettazione educativa, con la consapevolezza che i nostri pensieri ed emozioni condizionano le nostre parole e le nostre azioni.

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